giovedì 20 febbraio 2014

arte 1


Scrive l'arch. P. Portoghesi nella prefazione al libro di M. Pallante "Sono io che non capisco" (ed. per la decrescita felice, 2013): "Per aumentare i profitti delle multinazionali si è inventata la mondializzazione economica e i prodotti girano per il mondo (intasando e inquinando strade e città) perché ogni fase di lavorazione sia fatta al costo minimo sfruttando i lavoratori meno retribuiti, cercati accanitamente in ogni parte del globo. Questo implacabile carosello innescato dalla mondializzazione non somiglia stranamente al carosello dell'arte contemporanea?" Certo. Che cos'è "l'arte contemporanea" se non un'immensa fabbrica di oggetti per il consumo, ammucchiati nella qualifica di "arte" solo per aumentarne il prezzo? Infatti la maggior parte di tali oggetti ha poco o nulla a che fare con l'arte, intesa come pratica bio-antropologica necessaria all'umanità. E ciò che più stupisce, mentre il consumismo sta ormai producendo la crisi ecologica e una regressione esistenziale, è l'assenza di un dibattito conoscitivo sulle funzioni bio-antropologiche dell'arte (e quindi sul suo essere eminentemente anti-consumo).